“Devo finire questi benedetti compiti per casa” di Maria Antoniazzi

Devo finire questi benedetti compiti per casa, in quinta elementare non si scherza. Stasera sto in cucina con la mamma, lei prepara il minestrone e io devo sbrigarmi, la cena è quasi pronta.

Ma cosa avranno i cani dei vicini da abbaiare così tanto, tutti insieme? Ma…mamma! Mi afferri alle spalle, mi alzi e trascini via, e in un attimo eccomi qui, abbracciata a te, sotto la porta. Sento il legno del parquet che scricchiola, il pavimento si muove. Ripeti questa parola…terremoto, terremoto…continui a dirmi di stare tranquilla, a stringermi e a tenermi ferma, sotto l’arco della porta. Va bene, controllo che i piedi stiano all’interno del battiscopa ma, mamma, guarda che sono i tuoi a sporgere, eh.

E comunque non ho paura: non ho proprio capito cosa stia succedendo e che cosa, soprattutto, dovrei temere. Vedo il lampadario che oscilla come un pendolo, un grande pendolo rosso, lo trovo anche carino. E’ piuttosto questo scricchiolio del legno ad essere fastidioso, mi ricorda i graffi sulla lavagna che, a scuola, un mio compagno si diverte a fare per dispetto contro noi femmine. Che antipatico.

Beh, visto? E’ tutto finito, possiamo muoverci da questo posto, non si sta molto comodi sullo stipite della porta. E poi vorrei finire i miei compiti. Accidenti, è andata via la luce.

C’è un gran trambusto nelle scale del condominio. Fuori, andiamo fuori, presto. In stradina ci sono già i miei amichetti. Anche il mio lampadario oscillava, è un segno del terremoto, non lo sapevate? Eh sì, bisogna stare sotto la porta. Sapete che, se le scale crollano, non si sa più come scendere? Al solito, tuo fratello non si è accorto di nulla.

Ida ha un cane, era uno di quelli che abbaiavano. Bella cosa i cani, avvisano i padroni del pericolo. E pensare che io preferisco i gatti, che però stavolta mica hanno miagolato. I gatti si fanno sempre i fatti loro.

I grandi parlano e parlano, tutti agitati. I genitori di Paolo, al buio, volevano prendere in braccio lui e la sorella che ancora dormivano e portarli giù in strada. Però sia mamma che papà tiravano Paolo, uno per le braccia e l’altro per le gambe, e nessuno sua sorella. Per fortuna vedo che qui c’è anche lei.

Ah sì, il Friuli, l’ho studiato in geografia, è una regione italiana. A proposito, e i miei compiti, mamma? Ma è vero che dormiremo in auto stanotte?

Ed eccoci qua. Io nel sedile posteriore ho tanto spazio e posso distendermi, peccato per i miei amichetti, loro sono in tre e devono stare seduti. Li vedo nell’auto parcheggiata vicino alla nostra, ci facciamo anche le smorfie. Che avventura. Dev’essere qualcosa da grandi, questa faccenda del terremoto.

Non è facile addormentarsi però, e non solo perché sono in un’auto. Sto pensando a Paolo, chissà se con tutto quel tirare ora ha una gamba o un braccio più lungo dell’altro. E a sua sorella, dimenticata nel letto, che se poi crollavano le scale doveva saltare di sotto.

Purtroppo, altre sere difficili arriveranno. I lampadari oscilleranno di nuovo ed io, nascosta sotto il letto, pregherò per il mio mondo, di bambini che fanno i compiti e mamme che preparano la cena.

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