Un pomeriggio a casa di John Kirwan

John Kirwan è un po’ in ritardo, ci dice Fiorella, la moglie, mentre ci fa accomodare e ci offre dell’acqua presa direttamente dalla fontana da dove sgorga fresca, freschissima, da non crederci in un pomeriggio appiccicoso come questo. Una macchina entra nel vialetto, si ferma nel parcheggio e scende un ragazzone brizzolato in polo e bermuda. Il suo incedere è sicuro e morbido allo stesso tempo, e mentre ci viene incontro sfodera un sorriso bonario.

Sembra impossibile che un omone così abbia sofferto di depressione, penso tra me. Eppure.

Ci risediamo sotto al portico, dietro a noi un grande prato, in fondo il Sile. Iniziamo a raccontarci. Gastone ed io gli parliamo del festival CartaCarbone. Sì, lui ne ha sentito parlare ma da buon professionista vuole sapere i dettagli. Rimane favorevolmente colpito quando gli diciamo che la seconda edizione ha portato a Treviso 13.000 appassionati di letteratura ed in particolare letteratura autobiografica.

John Kirwan parla del suo libro “Gli All Blacks non piangono”, un bestseller in Nuova Zelanda. Ci spiega quello che sta facendo; che sta tenendo seminari e incontri per far capire alle persone che non bisogna vergognarsi della depressione che bisogna parlarne, perché solo così si può venirne fuori. Ci dice che in Nuova Zelanda i suicidi sono un problema sociale. Racconta con entusiasmo acerbo che qualche giorno fa è andato in un paesino neozelandese disperso nel nulla a parlare a circa seicento agricoltori, e che qualche giorno prima invece ha tenuto un seminario per dirigenti d’azienda. Capisco che il problema della depressione e dei suicidi è molto diffuso e che il suo lavoro è trasversale.

Finché John e Gastone parlano di rugby, e il suono delle cicale si fonde con le loro voci, ne approfitto, prendo in mano il telefonino e digito “suicidi Nuova Zelanda” e scopro che il paese di John Kirwan, è il secondo al mondo per tasso di suicidi e che la maggior parte riguardano gli uomini.  Poi scopro che in Italia, a causa della crisi, il tasso di suicidi è aumentato del 12% e che anche da noi colpisce soprattutto gli uomini.

Le gocce di sudore mi scorrono le tempie, è il caldo, ma non solo, perché l’emozione che cerco di tenere sotto controllo, inizia a farsi strada. Beh, mi sembra il minimo visto che sto parlando con una leggenda del rugby, ma non è solo per quello, è che man mano sto realizzando che di fronte a me ho una persona che si è messa a disposizione della società semplicemente per aiutare altre persone. E l’ha fatto mettendosi a nudo, confidando a tutti che anche lui è passato attraverso il tunnel della depressione. Ma ne è uscito.

E io e Gastone siamo qui, adesso, ad ascoltarlo mentre sorridendo parla serenamente finché ci racconta qualche aneddoto, e lui ne ha parecchi. Ogni tanto, però, abbassa gli occhi ed è in quel momento che un’ombra gli attraversa lo sguardo. Ma è un attimo, forse è passata per ricordargli di non perdere di vista la sua missione. Anche le cicale in quell’attimo hanno smesso di cantare.

Dopo circa due ore il nostro incontro giunge al termine, mi alzo dalla sedia e le gambe mi fanno giacomo. È ‘sto caldo infernale, penso. Rifletto. No, stavolta è l’emozione, e basta. Dissimulo il mio cedimento e stringo la mano, prima a Fiorella e poi a John.

Saliamo in macchina, sono un po’ frastornata. Tra me e il Sile c’è il prato della casa di John, mi accorgo solo ora che in mezzo c’è una grande porta da rugby con la sua tipica forma ad H, e all’improvviso un’immagine nitida mi si stampa nella mente: H = Heart = John Kirwan.

P.S. Ah, dimenticavo, per i dettagli dell’evento dovrete attendere ancora un po’. Posso solo dirvi che si terrà in autunno a Treviso.

scritto da: Francesca Brotto

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