Ci spogliamo per voi! Tutta la verità su CartaCarbone

Ci siamo accorti che comunichiamo sempre quello che accadrà, qualche volta quello che è stato e quasi mai ciò che c’è dietro a quella salita sul palco d’ottobre, apice di CartaCarbone.

Ci siamo accorti che non vi facciamo partecipi dell’incastro imperfetto, intenso, sperimentale, sorprendente e motivante che guida le decisioni, le scelte, ma anche le idee e le realizzazioni di tutti gli eventi annuali in calendario. 

Vi abbiamo comunicati i numeri davvero gratificanti che CartaCarbone in otto anni ha realizzato, ma mai quante persone si radunano davanti al grande tavolo di palazzo del Podestà nel tardo pomeriggio di ogni venerdì di tutti i mesi fino a buio inoltrato.

Quante dinamiche concorrono all’evento finale?

Siamo organizzati come un’azienda che produce umanità che fa amicizia con l’imprevisto più che il previsto. Ci misuriamo con l’elasticità delle differenze.

Facciamo incontri ristretti o allargati, dalle 5 alle 20 persone circa, ma come un albero con i suoi rami ci pensano le Sezioni a trovare il modo di relazionarsi in tempi e in modi diversi: quelle dei volontari, quelle dei tecnici, quelle della direzione, della comunicazione e i partner.

Le gerarchie non sono il nostro forte, godiamo di reciproca libertà, l’entusiasmo e l’idea di qualcuno può coinvolgere il gruppo e dirottare gli eventi, anche se la parola di Bruna Graziani, la nostra direttrice artistica, sa mettere un timbro alle note per produrre un’armonia fedele all’etica dell’originaria creazione.

È un’attività che si specchia con le nostre vite, dove tutti portano altri lavori, famiglie, studi universitari, esperienze, passioni e arti sul calderone che concorre alla realizzazione.

Oggi, vogliamo farvi entrare dalla porta secondaria, da quella in cui entriamo noi.

E questo perché la vostra partecipazione non sia solo finale ma globale, per fare in modo che entriate nel progetto di CartaCarbone che nel racconto trama la cura, la crescita e l’evoluzione di un tessuto sociale più appagato e realizzato.

Il racconto cementa il vissuto, ci apre ai punti di vista, non tanto degli altri ma di noi stessi. Ci accompagna al cambiamento. Perché questa è una tra le più grandi paure dell’essere umano, e può essere domata con l’osservazione che il racconto fa emergere. Raccontare è uno strumento in divenire.

Cosa successe nel 2013?

Le sedie occupate erano 4 o 5 e le persone sedute stavano cogliendo l’embrione di qualcosa che non c’era: un festival della letteratura autobiografica che non esisteva  non solo a Treviso, ma in Italia.

Passano gli anni e si aggiungono sedie attorno a quel tavolo, realizzando la prima edizione senza mail, senza web, senza soldi, senza nulla se non la tenace volontà incrementare lo scambio che non è mai stato solo letterario.

Molte telefonate hanno fatto da collante, gli uni con gli altri ampliando mese dopo mese il lavoro a maglia i cui ferri si passavano come testimone di braccia in braccia. Quelle di chi pensa, quelle di chi organizza, quelle di chi esegue, quelle di chi permette, quelle di chi sostiene, quelle di chi assiste e si nutre.

Ci vuole tempo, un tempo che tutti ricaviamo dalle nostre vite già occupate ma mai sature abbastanze di creazione e stimoli.

Abbiamo portato Augias, abbiamo portato Benni, abbiamo portato Corona, Cipriani, Staino, Odifreddi e molti altri ancora. Spesso contattiamo le loro agenzie, che valutano chi siamo e cosa facciamo, e se ci piacciamo, inizia il gioco dell’incastro delle date, degli impegni della loro fitta agenda. La messa a punto dell’evento che a volte coordina più persone nel palco, a round di telefonate si trova l’accordo migliore. E poi il trasporto, l’hospitality il coordinamento, siamo sempre noi a garantire  logistica e mobilità. Ebbene questo moltiplicatelo per 50 eventi o 90 ospiti, come siamo riusciti a fare in qualche edizione scorsa del festival.

Come comunicare l’evento al meglio, quale messaggio dare che rispecchi sempre l’etica del nostro progetto?

E qual è l’immagine che sposa il tema di quest’anno, chi pensa alla grafica, alla scena, agli allestimenti da sempre il nostro forte, studiati e amati per trasmettere pienezza e accoglienza e non solo densi e nuovi contenuti?

Il tutto deve andare allo stesso passo, un esercito che marcia in sincronia, e vi assicuriamo che farlo richiede allenamento, volontà e fiducia. Chiunque lavori in squadra e concorra ad un organismo articolato, lo sa.

Nonostante gli strumenti tecnologici ci vengano incontro in ogni modo, siamo sempre alla ricerca di incontrarci, se qualcuno perde un passaggio siamo pronti a recuperarlo. Con dedizione e tempo, telefonate mirate che allineano chi ha dovuto rallentare.

Un’impresa che spoglia le fragilità e rafforza gli animi. 

La ricerca degli sponsor è una vera palestra che rassoda e irrobustisce i muscoli mentali di CartaCarbone. Trasmettere il valore di ciò che facciamo a parole, con uno sponsor kit, un archivio di esperienze, dando il numero delle presenze, illustrando la visibilità che siamo in grado di garantire tra sito, social, comunicazione ai media, banner, 10mila flyer che viaggiano per il Veneto, radio e televisione quando ce la facciamo. E soprattutto il valore collettivo di ciò che rappresentiamo spargendo uno strumento che sa essere terapeutico e sa creare benessere, il tutto esposto in quel quarto d’ora di incontro con imprenditori, governatori, benefattori, aziende e banche che credono nel rumore che sa creare la creatività.

E sentirci dire: “Siamo con voi!” è il carburante di questa macchina umana che è CartaCarbone.

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